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Guida per creare un'ambientazione


Nemo
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Posto qui perché suppongo che sia un discorso valido tanto per racconti che per giochi, e coinvolge primariamente lo scrivere.

 

Non sono un gegno, nè un professionista. Non sono il depositario di una realtà rivelata.

Quella che segue non è una guida per creare un'universo in bottiglia, ma sono impressioni basate sulla mia esperienza da giocatore e da "divinità creatrice" riguardo ciò che è giusto o sbagliato quando si vuole scrivere un'ambientazione.

Fermo restando che io stesso riconosco i miei errori e i miei limiti (sono tante le domande che mi sorgono rileggendo quanto posso aver prodotto finora, e a molte ancora non ho risposto), che faccio fatica a seguire i binari che qui espongo e che cerco sempre il confronto per fare di meglio.

 

Mi piacerebbe che chi è interessato posti la sua visione delle cose e si esponga, anche solo criticando, quanto viene presentato qui.

 

Iniziamo?

 

L'idea

Ci vuole innanzitutto un'idea. Eggrazzie, altrimenti non saremmo neanche qui a parlare.

Qual è l'elemento portante del mondo che volete creare?

Ce ne sono diversi e sono suddivisi in generi, ormai "classici": Fantasy, Heroic Fantasy, Fantascienza, Cyberpunk, Steampunk, Weird Fantasy e un altro milione di etichette che sono solo relativamente importanti.

Si deve sapere in anticipo, però, se è lecito aspettarsi che un'astronave atterri su un campo di battaglia in cui i soldati si tirano addosso con le fionde.

 

Generale o particolare

Dove vogliamo siano ambientate le avventure del nostro racconto/gioco?

Fino a che punto dobbiamo scendere nel dettaglio nel descrivere ciò che stiamo creando?

Tutto sta sul dove, come e perché posizioniamo la telecamera.

Supponiamo che voglia scrivere un racconto/avventura per rpg il cui protagonista è rinchiuso in una segreta del castello e non esce mai da quelle quattro mura, se non per interrogatori e un giro di torture.

In questo caso non è necessario descrivere le varietà di piante medicamentose del sud del continente, a meno che il personaggio non sia un erborista e proprio non possa fare a meno di pensare all'argomento.

Quello che invece devo sapere, prima ancora di iniziare a scrivere la prima parola del racconto:

1) Perché il personaggio è in cella. Quale legge ha violato?

2) Chi è il proprietario del castello? Per quale motivo tortura i suoi prigionieri?

3) Chi abita il castello? Quali sono i personaggi che incontrerà il protagonista? Quali caratteri distintivi hanno? Perché si comportano in un dato modo? Per via della cultura del popolo cui appartiene? del ceto sociale? della religione?

4) Come è fatto il castello? Quali zone il protagonista non vedrà mai? Come caratterizzare quelle che visiterà?

 

Se il personaggio non lascerà mai il castello, queste domande sono sufficienti per rispondere alle esigenze di narrazione.

Tutti gli elementi che sono stabiliti devono necessariamente emergere durante la narrazione?

Assolutamente no, ma se le risposte sono chiare in testa, non trasparirà quel senso di: "Mi sa che non ha idea di dove andare a parare" da parte del giocatore/lettore, con relativa perdita di sospensione di incredulità.

E questo non lo vogliamo.

Certo, non possiamo aver pensato a tutto, e qualche particolare, durante la scrittura/sessione di gioco, necessiterà una risposta immediata a qualcosa che non avevamo considerato. Niente paura, perché se la cornice e i colori sono pronti e ben definiti, colorare uno spazietto bianco al volo non sarà un problema, se si ragiona su quello che si è già stabilito.

 

Il giorno in cui il personaggio uscirà dal castello (magari è riuscito a scappare), ci preoccuperemo di cosa c'è al di fuori di esso e ci porremo tutte un'altra serie di domande sempre relative al grado di dettaglio che stiamo considerando.

 

Di converso, se stiamo trattando un argomento vasto come una guerra interplanetaria, di sapere se il Maestro Torturatore nel castello di cui sopra ha paura dei ragni ci importa poco.

 

Sospensione dell'incredulità

Per sospensione di incredulità si intende: "un particolare carattere semiotico che consiste nella volontà, da parte del lettore o dello spettatore, di sospendere le proprie facoltà critiche allo scopo di ignorare le incongruenze secondarie e godere di un'opera di fantasia."

Attenzione, non significa che qualsiasi cosa introdurremo o scriveremo sia lecito o consentito. Significa, semplicemente, che se nel mondo che stiamo creando esistono le fate, chi leggerà/giocherà sarà disposto ad accettarlo fino a che verrà rispettata la coerenza interna della nostra storia.

Se decidiamo che nel mondo di Aghuergkvy la magia è roba da prestigiatori che al massimo può essere usata per accendere il fuoco del camino, non possiamo salvare il cattivo di turno dagli Eroi usandola come potentissimo Deus Ex Machina... a meno che il cattivo non sia così cattivo perché ha trovato il modo di rivoluzionare il mondo grazie alla magia. Ma questo dobbiamo dirlo prima, o perdiamo di coerenza interna e infastidiamo il giocatore/lettore, che si sente preso in giro.

E se qualcuno si sente preso in giro, non vorrà più avere a che fare con noi.

 

Plausibilità

Intimamente connessa con il punto precedente, va rispettata anch'essa nella misura di coerenza interna di ciò che stiamo creando.

Tutto ciò che non descriviamo esplicitamente come "anomalo" rispetto alla realtà che ci circonda (es. su Agoogdjmc esistono le fate), quindi, verrà automaticamente e inconsapevolmente associato da chi gioca/legge, come comparabile alla realtà "reale".

Esempio: Se non ho mai detto o scritto che gli uomini di Egtjsn sono fatti della materia delle palle pazze, non posso lamentarmi se mi prendono in giro quando dico che dopo una caduta di venti mentri rimbalzano via come se niente fosse.

Certo, bisogna spiegare anche perché certi accadimenti si verificano, dando una risposta che sia, se non assolutamente realistica e/o scientifica, quantomeno plausibile.

Non bisogna MAI e poi MAI usare le seguenti frasi per giustificare una propria idea:

- Perché sì

- Perché è magia

- Perché è Fantasy/Fantascienza

- Perché è intrinsecamente buono/cattivo/santo/bastardo

La traduzione di queste in italiano corrente è una e una sola:

- Non ne ho la più pallida idea

E si tornerebbe al discorso sulle prese in giro (e ammettiamolo, li staremmo prendendo in giro per davvero).

 

Qual è il rimedio per ciò che non riusciamo a spiegare?

Quello già descritto: documentarsi.

O lasciar perdere.

Non ambientate un racconto su un aereo se non ci siete mai saliti o non avete idea di come sia fatto dentro.

Non ambientate un'avventura su un aereo se non sapete dire perché o come, nel mondo che avete creato, ci sia un aereo.

 

Per ora mi fermo qui, ma suppongo che tutti abbiano qualcosa da dire su tutto.

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Esistono diversi sistemi, tutti buoni.

L'importante, per uno scrittore è non scrivere. All'inizio, intendo.

 

L'idea può venire in molteplici modi. L'idea può essere un personaggio, un enigma, un luogo, un'associazione, quello che volete, che vicolpisca e che vi faccia presagire che può essere sviluppata. Nei manuali di scrittura creativa trovate anche dei metodi per farvi venire delle idee, il più classico consiste nell'accostare due parole a caso e distanti semanticamente tra loro, e poi giustificarle. Un esempio preso da un romanzo recensito su Gamberi Fantasy: piovere telefoni. Piovono telefoni. Cavolo, uno inizia a farsi un sacco di domande... che costituiranno il nucleo della trama.

 

Secondo me, al di là dei metodi o del motore dell'idea, ancora più a monte lo scrittore dovrebbe essere mosso dalla volontà di comunicare qualcosa. Ma qui il discorso si fa lungo e veramente scivoloso...

 

Per il resto, la coerenza è tutto. Siccome viene sempre in mente il Fantasy, prendo il caso della magia. In molti Fantasy anche laMAgia è un dato di fatto, mentre sarebbe elegante fornire una spiegazione che stia in piedi riguardo al fatto che un tizio può far apparire una palla di fuoco nella sua mano e poi lanciarla.

Questo per far capire che più avete una struttura solida alle spalle, più il lettore sarà avvinto dal mondo creato, lo riterrà credibile e, soprattutto, riuscirà a viverlo. Far riuscire a vivere il lettore nel mondo creato (anche non Fantasy, ma quotidiano, beninteso) è uno dei migliori risultati che quali uno scrittore può raggiungere. Se poi riesce anche a dire qualcosa, allora va alla grande. L'incuria o, come dice Nemo, la presa in giro sono i più grandi delitti che uno scrittore può commettere, e non tanto (o non solo) perché, come vedo scritto in giro, un lettore spende tempo e soldi per leggere l'opera, ma soprattutto perché viene deluso dalla promessa dell'autore, e dalle aspettative che si era creato.

 

Detto questo, esistono diversi modi di procedere. Se l'idea è la cartina di un nuovo mondo, non c'è pezza, più dettagliate e meglio è. Vi troverete a fare a cazzotti con domande che a prima vista appaiono poco importanti, o di noiosa soluzione, non sottovalutatele mai. Se scrivete di regni medioevaleggianti dovete per forza farvi un'idea di come funzionasse l'istituzione del feudo, la proprietà agraria, le tasse (es.: nel medioevo le tasse erano nella maggioranza straordinarie, venivano pagate solo quando servivano in vista di un lavoro come un ponte o una guerra. Non lo sapevate? Male, avreste scritto una castroneria). Ovviamente dopo è anche possibile cambiare il sistema tributario e farlo assomigliare a quello dei giorni nostri, ma sarà una scelta cosciente, e non dettata dall'ignoranza. Il vantaggio consiste nel fatto che la scelta cosciente consente di spiegare il perché della nuova situazione).

Io sono mesi che non ho ancora scritto un rigo delle mie avventure ambientate al tempo dei Sumeri perché mi sto ancora documentando.

E sì, troverete sempre il lettore che, putacaso, è un appassionato di sumerologia e sgamerà la vostra pigrizia o ignoranza (e ne rimarrà disgustato).

Il problema è quando smettere di documentarsi (sennò uno rischia di fare come me, che non scrive proprio perché continua a documentarsi all'infinito). Arriva un momento in cui bisogna buttare giù uno straccio di trama, che definirà i contorni di ciò che servirà. Tutto il lavoro fatto in più tornerà utilissimo, però. Ad esempio, se sono partito da una cartina di un mondo nuovo, avere scritto per sommi capi la storia di 3.000 anni prima degli eventi che voglio narrare mi fornirà appigli stimolanti per i dialoghi dei miei Personaggi (conferendo più profondità al mondo creato). Non esiste quindi un momento preciso in cui ci si è documentati a sufficienza. Credo che derivi dall'esperienza capire quando basta, però, essendone sostanzialmente privo, non so rispondere a questa domanda.

 

Se qualcosa stona mentre uno scrive, dovrebbe cercare di affrontare a viso aperto il problema, e non cercare di metterci una pezza. Le pezze si vedono sempre (e il lettore si sentirà truffato). Inutile dire che occorre talento. Uno scrittore si apprezza per le trovate che ha, quando la narrazione ha preso un vicolo cieco. L'esempio più cllassico è quello del prigioniero che deve evadere: una soluzione raffazzonata, o forzosa, o poco logica, provocherà le proteste del lettore (che quindi non concederà più fiducia). Eh, non si può improvvisare, o uno è bravo, o ciccia.

L?esempio del prigioniero vale per chiarire come affrontare tutte le domande che sorgono durante l'ambientazione di un romanzo. Avete schiaffato un regno piccolo in mezzo ad una pianura? Bravi, adesso spiegate come fa a conservare la sua indipendenza, essendo poco munito di soldati e senza difese naturali.

Avete creato un culto che prevede il sacrificio di cento vergini? Perfetto, vediamo come viene accettato, dato che cento femmine fertili vengono soppresse, ma la popolazione non subisce cali demografici.

La cavalleria travolge il reparto di picchieri? Sarebbe buona educazione dimostrare come hanno fatto a non arenarsi di fronte alla selva di armi lunghe.

I vostri Space Marines hanno in dotazione una cintura antigravitazionale (ops, scusa GW :mrgreen: ): urca, e come funziona? E non scrivete che funziona perché la tecnologia è progredita.

E non scrivete, come fa la Troisi, che un colpo da destra a sinistra è un fendente, o il lettore vi sputerà in un occhio :)

 

Ecco, questa è la mia risposta a NEmo, con il quale concordo in toto.

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Bravo, Yon, hai approfondito delle osservazioni fatte e inserito delle altre interessanti.

Anzi, ne riprendo alcune per approfondirle a mia volta rubando un titolo a Umberto Eco:

 

Geografie Imperfette

Un buon punto di partenza è proseguire definendo gli ambienti. Abbiamo detto che il livello di dettaglio che ci interessa dipende dall'interazione che ci aspettiamo avrà il nostro racconto/gioco/avventura con il mondo che stiamo creando.

Se per un ambiente ristretto (un dungeon, un villaggio, un astronave da crociera, una fortezza orbitale) questo può essere relativamente semplice, vediamo che cosa potrebbe accadere allontanando verso l'alto il punto di vista.

Riprendiamo l'esempio del prigioniero che fugge dal castello:

- Dove si trova il castello? In pianura? su una scogliera? su una nuvola?

- Potremmo aver deciso che sia il palazzo del signore locale, o del re, o dell'Alto Prete dell'Ordine Nero. Per cui dovrebbe trovarsi nella capitale del regno/ducato/baronia/pizzeria.

- Com'è la regione circostante? C'è un fiume? da dove nasce? dove sfocia? Una foresta? di che tipo? quant'è grande? Una città? è popolata? da chi? chi sono e che atteggiamento hanno gli abitanti?

Se disegnamo una cartina, facciamoci furbi e ispiriamoci a un atlante: ho visto cartine di "opere" (amatoriali e non) in cui i fiumi avevano due foci ma nessuna sorgente, tagliando a metà interi territori senza che si capisse da dove nascessero.

Facciamo attenzione a dove mettiamo un deserto, una palude o una foresta e rendiamo chiara la scala: ci eviterà magagne successive.

Popolando le varie zone, potremmo decidere di dire: qui vivono gli Uomini, qui i Nani e qui gli Elfi.

Si può fare benissimo, ma facciamo in modo che non vivano a stretto contatto se non prevediamo un'integrazione tra i popoli e che le distanze che abbiamo stabilito abbiano un senso: se prendiamo un territorio grande come la Sardegna (per dire) non possiamo farci convivere otto popolazioni diverse e dire che non hanno mai avuto contatti tra loro.

Al contrario, se stabiliamo che si sta parlando di un intero continente, prendiamo un qualsiasi periodo storico della nostra realtà per capire che c'è una miriade di differenze tra i popoli che lo abitano (è poco credibile dire: "L'Europa è abitata dagli Elfi e tutti gli Elfi sono fatti in questo modo sotto tutti i punti di vista. Ah, e parlano tutti la stessa lingua") e che l'unica limitazione che hanno nel conoscersi e mescolarsi tra loro è l'effettiva capacità di coprire le distanze.

Non voglio essere categorico, ma in caso contrario la spiegazione dovrebbe essere molto convincente (no, le spaccature nella terra, il calore dal centro del pianeta, le faglie, e il fatto che in millenni non si sia capito come portare una barchetta, come la mettiamo la mettiamo, rimangono una cagata).

Guardiamo il territorio che abbiamo creato e come l'abbiamo costruito in relazione a chi abbiamo deciso che lo abiterà: non ha senso mettere una città lontano da un fiume, a meno che la popolazione non sia costituita da cani idrofobi o non abbia altri mezzi per procurarsi l'acqua. Nel regno dei Nani magari ha più senso che la città sia costruita dove c'è il percorso sotterraneo del fiume, per quanto sia disagevole per le altre razze. Non chiamiamo "fiorente centro commerciale" una città che abbiamo messo al centro di una giungla, perché è probabile che si commerci meglio dove c'è un porto marittimo, magari uno fluviale e anche un crocevia di piste battute da carovane. Diamo a ogni popolo le caratteristiche che riteniamo adeguate in base alla geografia e alla cultura: un popolo nomade non avrà città fortificate, uno che sfrutta all'osso le risorse del territorio non occuperà una terra brulicante di vita incontaminata a meno che non ci si è appena insediato, e via discorrendo.

 

Più in generale, non eccediamo in "stranezze" se le giustificazioni alla loro esistenza sono ancora più assurde (E' magia! E' fantasy! Sono un cretino! ecc ecc): se esiste una città o un castello tra le nuvole, decidiamo come sia possibile che sia lì.

A proposito, se una popolazione possiede una tecnologia particolare, troviamo una scusa sul perché gli altri popoli (in particolare quello confinante) non ce l'abbiano (Esempio: A e B sono due stati in ottimi e frequenti rapporti commerciali da decine e decine di anni. Scoppia una guerra tra A e B. Non è molto plausibile che A usi i cannoni antimateria, mentre i soldati di B sputino mentine ciucciate per difendersi. No, neanche se sono quelle con la goccia blu dentro che brucia la lingua).

 

CERCHIAMO DI ESSERE FANTASIOSI, MA PLAUSIBILI!

Se dico che due popoli hanno vissuto separati da un muro alto tre chilometri per millenni e non si sono mai visti, sto dicendo una fantasyosissima sciocchezza!

Non mi pare naturale che il muro resti in piedi per così tanto tempo, non senza che ci sia stato un singolo individuo che abbia pensato di prenderlo a cornate o semplicemente di fare il giro (e non cerchiamo di recuperare con le montagne o il mare tutto attorno, con il fatto che i mattoni sono magici e i muratori erano Nani, perché è ancora più sciocco). E soprattutto: chi e perché avrebbe dovuto costruire un muro alto tre chilometri?!?

Un'area molto fertile e che ha tutte le carte in regola per essere un centro di scambio culturaleconomicoindustriale non riesce a decollare dal punto di vista demografico? Spieghiamo perché: i suoi abitanti magari trovano disdicevole l'accoppiamento se non in determinate condizioni che non permettono il boom demografico (voglio dire, gente che ci crede per davvero a queste cose), la fisiologia di quella particolare razza vuole che i tempi della gestazione siano molto lunghi rispetto alla vita media degli individui (e allora si meritano l'estinzione, perché non hanno capito niente di pressione evolutiva), o il potere religioso controlla le nascite in base al numero preferito della divinità locale. Qualsiasi cosa, purché non diciamo: "la forte inferiorità numerica, è

dovuta alla minor estensione territoriale", perché è come dire: "Oggi non gioco a tennis perchè l'anno scorso era il 2009" (ah, dite che questa ha più senso?).

 

PS: non è vero che il genere fantascientifico richiede un processo di documentazione più approfondito rispetto a quello fantasy o storico: dipende tutto dal nostro retroterra. Se nella mia vita ho letto solo Dick, visto solo i film di Matrix e giocato solo a Cyberpunk 2020, farò più fatica a immaginare un mondo fantasy di uno che campa esclusivamente di pane e Signore degli Anelli. I princìpi di costruzione di un sistema solare restano gli stessi e le giustificazioni per le stupidaggini commesse pure ("E' tecnologia aliena! E' fantascienza! Sono un cretino!").

 

PPS: Io mi rendo conto che per molti quel che viene detto sarà aver scoperto l'acqua calda, eppure si vedono cose in giro che voi umani...

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Un'idea originale

Creare qualcosa di completamente nuovo e mai visto, obiettivamente, è molto difficile. Sarebbe da nobel per la capacità creativa: quasi tutte (tutte) le tematiche sono state affrontate in ogni salsa possibile e immaginabile nel corso del tempo.

Il che può essere una giustificazione, ma non una scusante: tutti siamo ormai abituati al fatto che gli Elfi vivano nei boschi e i Nani sotto le montagne, i cattivi vengono da Plutone e i buoni dalla Terra, ma non vuol dire che le cose non possano anche andare in modo diverso.

Se siamo carenti di fantasia, però, sarà impossibile proporre qualcosa, se non di completamente nuovo, quantomeno di fresco.

Sicuramente si può cercare di creare qualcosa di nuovo nel come viene presentata una situazione. Ma deve sempre avere basi solide.

 

Qualche esempio pratico di come ciò che è trito potrebbe tornare a essere interessante:

 

- Ucronia: "è un genere di narrativa fantastica basata sulla premessa generale che la storia del mondo abbia seguito un corso alternativo rispetto a quello reale."

Senza ambientare necessariamente la nostra storia nel mondo reale, si può immaginare un universo parallelo che presenti alcuni tratti storici del nostro modificati.

Ad esempio: nel mondo di Jgfgey, le colonie iniziano una guerra civile del tutto simile a quella americana. L'esito però è che vincono le Colonie "sudiste". Trasposto nell'universo che stiamo producendo, la cosa può creare tutto un corso di eventi che potrebbe essere interessante (evitiamo che la Germania abbia vinto la Seconda Guerra Mondiale: è un'idea più che abusata).

 

- Copiare/citare/stravolgere: la maggior parte del fantasy dipinge gli Elfi come creature che vivono nei boschi, hanno un aspetto tendenzialmente femmineo, tirano con l'arco, hanno una propensione innata alla magia e sono in estinzione.

Usare quello che ormai è un archetipo può anche andare bene finché si parla di qualche elemento. Ai più "esperti" potrebbe anche dare un senso di familiarità. Ma se gli Elfi sono come quelli di Tolien, i Nani sono come quelli di Tolkien, gli Hobbit sono come quelli di Tolkien, è lecito che qualcuno alzi la manina e dica: "Mi sa che vado a leggermi Tolkien o a giocare a La Guerra dell'Anello".

Si potrebbe inserire qualche elemento di variazione all'archetipo: gli Elfi sono la popolazione di maggioranza del pianeta/continente/isola e tengono segregate le altre razze (che giudicano indegne a vivere dove la natura è più rigogliosa) nei territori più inospitali, come deserti e terre morte. Ok, non è un granché, ma almeno è un passo avanti rispetto al "solito".

Un'altra idea è stravolgere il "canone": gli Elfi vivono in una società industrializzata con caratteristiche vittoriane e sono una manica di Dorian Gray.

Personalmente questa la trovo ancora accettabile, ma se lo stravolgimento prevede che gli Elfi siano altri tre metri e abbiano la corporatura di Hulk Hogan ai bei tempi (suoi), smetterei di chiamarli Elfi e darei loro un'altra denominazione.

Si possono anche mischiare le cose: se si è in grado di spiegare come e perché, una comunità di Elfi Silvani "alla Warhammer" può essere sopravvissuta non vista nella nostra società. Uno (o un gruppo) di essi viene però scoperto e catturato, e nella fuga si dipana una storia in stile Rambo 1.

 

- L'Alieno: dare fondo alle proprie fantasie (e incubi) nella forma di creature lovecraftiane è interessante e catartico. Ma ha un serio problema che bisognerebbe saper gestire: l'incapacità di creare immedesimazione. Se il protagonista della vicenda deve far parte di una comunità di creature simili ai Mi-Go, il senso di straniamento da parte di chi gioca/legge potrebbe arrivare a scadere nel disinteresse.

 

Tutto questo, chiaramente, deve sempre sottostare a quanto già detto riguardo la sospensione dell'incredulità e la plausibilità: sono disposto ad accettare gli Elfi vittoriani, ma è abbastanza ridicolo dire che starnutiscano fiori e che nascano con un televisore sempre sintonizzato sul Grande Fratello nella pancia.

Sono però fortemente favorevole alle Elfe dominatrix.

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Grazie del Topic Nemo, mi serve, per un ambientazione di HQ.

Usare quello che ormai è un archetipo può anche andare bene finché si parla di qualche elemento. Ai più "esperti" potrebbe anche dare un senso di familiarità. Ma se gli Elfi sono come quelli di Tolien, i Nani sono come quelli di Tolkien, gli Hobbit sono come quelli di Tolkien, è lecito che qualcuno alzi la manina e dica: "Mi sa che vado a leggermi Tolkien o a giocare a La Guerra dell'Anello".

 

Troppo vero...

Si potrebbe inserire qualche elemento di variazione all'archetipo: gli Elfi sono la popolazione di maggioranza del pianeta/continente/isola e tengono segregate le altre razze (che giudicano indegne a vivere dove la natura è più rigogliosa) nei territori più inospitali, come deserti e terre morte. Ok, non è un granché, ma almeno è un passo avanti rispetto al "solito".

Già accaduto alla Bethesda Software per l'ambientazione della meraviglia videoludica: Morrowind

 

Tènchiùeghein

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Mettiamo un po' di sale...

 

La Religione

La religione è un fattore più potente della magia, della geografia e delle leggi della fisica e demografia messe tutte assieme. Riflettete a lungo su questo aspetto. Per seguire un credo religioso una popolazione può essere disposta a partire in guerra tutti gli anni, a sacrificare parte della propria popolazione fertile, a rimanere chiusa nel suo guscio geografico, a ricercare a tutti i costi quella piantina rara che cresce solo in uno stato lontano centinaia di kilometri (e magari pure nemico), a non mangiare determinate cose, a spostare le sedie solo in senso orario.

Ovviamente, come tutto, deve avere una sua giustificazione. E, solitamente, la giustificazione di una religione porta sempre un sacco di colore. Un popolo sacrifica dieci vergini al mese perché il suo villaggio sorge su un abisso abitato da un ostro di dimensioni gigantesche (idea strausata, ma sempre ad effetto). Un altro popolo è caratterizzato da una forte attività bellica perché gli servono schiavi per poter estrarre la pietra rosa dalle miniere presenti nel suo territorio, pietra che poi verrà impiegata per la costruzione di templi di forma temeraria. Peggio che peggio, sono i rapporti tra religione e potere politico. Il clero gestisce direttamente il potere? Il potere temporale è sottoposto a quello politico? E se sì, lo è di buon grado? C'è una rivalità tra colossi di potere, o il clero fa resistenza dal basso, con preti che invitano la popolazione a considerare come giusti i valori della carità e della solidarietà? Il clero ha un braccio armato o agisce solo per intrighi?

Insomma, è un casino. Un ottimo casino, anzi.

Oltre a tutto questo guazzabuglio dovete anche cercare di sforzarvi di caratterizzare visivamente il culto religioso: le vesti dei preti, el forme dei templi, le icone venerate. Vale la stessa cosa per la foggia degli abiti di una nazione, la sua lingua, le sue case, ecc...

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Già accaduto alla Bethesda Software per l'ambientazione della meraviglia videoludica: Morrowind

Uh, non lo conoscevo.

Suppongo che sia come dicevo: è difficile farsi venire un'idea veramente originale.

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E non scrivete, come fa la Troisi, che un colpo da destra a sinistra è un fendente, o il lettore vi sputerà in un occhio

Beh, Nihal era mancina.... :angry1:

La religione è un fattore più potente della magia, della geografia e delle leggi della fisica e demografia messe tutte assieme.

Concordo, e credo che se venga prepotentemente inserito in un plot, deve essere veramente ben descritto.....piccole allusioni o echi di culti sono ormai clichè strausati....mi riviene in mente la cara Licia....con Thennmar (si chiamava così??)

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Beh, Nihal era mancina....

Infatti quello non è un Fendente, ma un Tondo Roverso, essendo lei mancina :angry1:

 

Concordo, e credo che se venga prepotentemente inserito in un plot, deve essere veramente ben descritto.....piccole allusioni o echi di culti sono ormai clichè strausati....mi riviene in mente la cara Licia....con Thennmar (si chiamava così??)

Dipende da come lo costruisci. Guarda Martin, ad esempio.

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Beh, Nihal era mancina....

Guarda che sherzavo..... :angry1:

Dipende da come lo costruisci. Guarda Martin, ad esempio

Non ho mai letto nulla di Martin.....

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